Sentenza Corte di Giustizia Ue del 5 maggio 2022, Causa C – 570/20.

Con la sentenza del 5 maggio 2022, la Corte di Giustizia dell’Unione europea (Prima Sezione), nella causa C – 750/20, ha fatto chiarezza sull’interpretazione che la Corte di cassazione francese ha dato del principio del ne bis in idem così come evolutosi a seguito della sentenza A e B c. Norvegia del 15 novembre 2016. 

La domanda di pronuncia pregiudiziale – rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione europea dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) – ha avuto ad oggetto la corretta interpretazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ed è stata proposta nell’ambito di un procedimento penale a carico di un professionista per reati in materia tributaria, e più precisamente in materia di IVA. 

Segnatamente, il contribuente, esperto contabile soggetto alla procedura ordinaria di liquidazione dell’IVA, a seguito di operazioni di verifica contabile (relativamente agli anni 2009, 2010 e 2011) era stato citato dinanzi al Tribunal correctionnel d’Annecy (Tribunale penale di Annecy, Francia), e dichiarato, da quest’ultimo, colpevole per i reati di evasione fiscale mediante dissimulazione di importi soggetti all’imposta e di omissione di scritture contabili, e condannato a dodici mesi di reclusione e pubblicazione della sentenza. Con sentenza del 13 febbraio 2019 la Corte d’appello di Chambéry aveva respinto l’appello del contribuente, il quale rilevava il contrasto della sua condanna penale con il principio di ne bis in idem – garantito dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – essendo stata applicata, per i medesimi fatti e in sede di una procedura di rettifica fiscale, una sanzione pecuniaria pari al 40% delle imposte evase. La sentenza era impugnata difronte la Corte di cassazione francese, la quale decideva – alla luce delle proprie perplessità circa la conformità delle norme nazioni, oggetto del procedimento principale, con la pregressa giurisprudenza della Corte di Giustizia – di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte questione pregiudiziale. Essa, difatti, dubitava che la normativa nazionale in materia risultasse conforme alle condizioni individuate dalla Corte di Giustizia in precedenti pronunce in particolare con riferimento: i) alla chiarezza e alla precisione delle disposizioni che consentono il cumulo di procedimenti e sanzioni, e ii) alla proporzionalità tra la gravità del reato commesso e la severità del complesso delle sanzioni cumulate.

In risposta, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato che il principio fondamentale garantito dall’articolo 50, in combinato disposto con l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che in caso di cumulo di una sanzione pecuniaria e di una pena detentiva, non garantisce con norme chiare e precise, eventualmente interpretate dai giudici nazionali, che l’insieme delle sanzioni inflitte non ecceda la gravità del reato accertato.

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