OECD/G20 – Verso regole condivise sulla tassazione del reddito delle imprese multinazionali.

Il 1° luglio 2021, l’OECD/G20 Inclusive Framework on Base Erosion and Profit Shifting ha ridefinito le tecniche di best practice per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell’economia. Come nel precedente asseto, le soluzioni individuate sono state declinate nei due Pillars, i.e. “Pillar One” e “Pillar Two” (cfr. OECD-1, News 9 ottobre 2019 e OECD-1, News 8 novembre 2019). Alle raccomandazioni hanno aderito tutte le 131 giurisdizioni dell’Inclusive Framework (fatta eccezione per Barbados, Estonia, Ungheria, Irlanda, Kenya, Nigeria, Saint Vincent e Grenadine e Sri Lanka).

Entrando nel merito, l’aggiornamento in parola è volto a garantire un’equa imposizione nel mondo delle grandi imprese multinazionali, oltreché a creare certezza e stabilità per il sistema fiscale internazionale. Secondo le parole del Segretario generale dell’OCSE, il nuovo quadro fiscale internazionale non “eliminerà la concorrenza fiscale (…) ma ne fisserà dei limiti concordati a livello multilaterale”, e avrà cura di valutare “gli interessi delle piccole economie e delle giurisdizioni in via di sviluppo”. Pertanto, si occuperà di stabilire un sistema fiscale internazionale giusto ed equo senza compromettere la posizione e il potere negoziale dei paesi in via di sviluppo, ritenuto troppo complesso e gravoso.

Il Pillar One è destinato ad applicarsi a società multinazionali con un fatturato globale superiore a 20 miliardi di euro e una redditività superiore al 10%. Restano esclusi l’industria estrattiva e i servizi finanziari regolamentati. Inoltre, è già in cantiere una più estesa applicazione del nexus, che consentirà l’allocazione dei ricavi globali in una giurisdizione quando l’impresa multinazionale produca almeno 1 milione di euro di entrate in quest’ultima. Per le giurisdizioni con un PIL inferiore a 40 miliardi di euro, il nexus sarà fissato a 250.000 euro.

Per quanto attiene alle regole di determinazione della base imponibile, la misura rilevante dell’utile o della perdita dell’impresa multinazionale sarà determinata facendo riferimento al reddito finanziario, con un piccolo numero di aggiustamenti (e la possibilità di portare a nuovo le perdite).

Sotto il profilo della compliance, le multinazionali interessate potranno beneficiare di meccanismi di prevenzione e risoluzione delle controversie fiscali internazionali, in modo da evitare l’eventuale doppia imposizione dei ricavi globali attraverso l’esenzione o il metodo del credito di imposta. L’applicazione del principio di libera concorrenza alle attività di marketing e distribuzione di base nel paese sarà semplificata e razionalizzata, con un’attenzione particolare alle esigenze dei paesi a bassa capacità produttiva. Sarà altresì semplificato il coordinamento tra l’applicazione delle nuove norme fiscali internazionali e l’eliminazione di tutte le tasse nazionali sui servizi digitali, ovvero di altre misure simili, così da giungere a una più compiuta armonizzazione fiscale internazionale, quantomeno sotto il profilo digital. 

In riferimento al Pillar Two (Global Anti-Base Erosion GloBE), si segnala che le c.d. Global Anti-Base Erosion rules si applicheranno alle multinazionali che producono ricavi oltre la soglia di 750 milioni di euro, come determinato nell’ambito dell’Action 13 del BEPS Project. Ad ogni modo, i paesi restano liberi di applicare l’IIR (income inclusion rule) alle multinazionali con sede nella loro giurisdizione, anche se non soddisfano la suddetta soglia. L’aliquota minima utilizzata ai fini dell’IIR e dell’UTPR (undertaxed payment rule) sarà almeno del 15%. In aggiunta a ciò, le c.d. GloBE rules imporranno un’imposta complementare utilizzando un test di aliquota fiscale effettiva (ETR) calcolato su base giurisdizionale, il quale impiega una definizione comune di imposte coperte e una base imponibile determinata con riferimento al reddito contabile finanziario.

Sennonché, l’auspicio di una celere attuazione di tali misure è stato forse alimentato da troppo ottimismo, dacché, vuoi a livello sovranazionale vuoi internazionale, si sono presentate delle frizioni che potrebbero comportare uno slittamento dei termini per l’attuazione delle dette discipline.

Procedendo con ordine. 

Con riferimento al Pillar One, il Segretario Generale dell’OCSE, Mathias Cormann, nel corso di un incontro al Word Economic Forum tenutosi a Davos (Svizzera), tra il 22 e il 26 maggio 2022, ha espressamente affermato che l’implementazione del Pillar One sarà inesorabilmente rinviata nel 2024. Nel dettaglio, sono state registrate due principali difficoltà acché il Pillar One possa essere attuato: i) per un verso, occorre l’elaborazione di una Multilateral Convention; ii) con la conseguenza, per l’altro, che necessiteranno puntuali regole tecniche che dovranno essere ratificate da parte di tutti gli Stati contraenti. Resta dubbia, in questo quadro, come avverrà la corretta allocazione del potere impositivo, che permane pur sempre quale elemento irrinunciabile (o comunque difficilmente cedibile) nella nuova ipotesi di ripartizione della sovranità tributaria tra Stato della fonte e di residenza (nel modello oggetto di commento, a favore del primo e a scapito del secondo). Attualmente, sono sul tavolo una serie di negoziati volti alla stesura di dette regole, quale sarà la soluzione prescelta resta un’incognita desiderosa di essere in seguito approfondita. L’altra criticità riguarda, invece, il c.d. Amount B, concernente l’applicazione, a determinate attività di marketing e distribuzione che vengono svolte in una data giurisdizione, di una remunerazione fissa, determinata sulla base del principio di libera concorrenza (arm’s lenght principle), e anche a tal riguardo si segnala il disallineamento delle volontà degli Stati in merito al c.d. TNMM.

Su altro versante, nel territorio unionale, in merito alla minimum global tax di cui al Pillar Two, la Commissione europea ha inglobato le linee guida OCSE (OECD Model Rules, pubblicate in data 20 dicembre 2021) in una proposta di direttiva volta a introdurre l’aliquota minima effettiva del 15%. Pur essendo compatibile con le indicazioni OCSE, la Proposta di direttiva, la cui bozza è stata più volte modificata, contiene alcuni adeguamenti necessari a garantirne la conformità al diritto unionale. Segnatamente, è prevista una estensione dell’Income Inclusion Rule anche ai gruppi puramente nazionali che integrano la stessa soglia prevista in sede OCSE (750 milioni di euro) e, di conseguenza, la possibilità di applicare l’IIR anche a livello domestico, nonché la facoltà per gli Stati membri di adottare la Domestic Minimum Top Up Tax. L’unanimità necessaria per l’approvazione della minimum tax europea, nonostante le diverse modifiche apportate alla bozza per giungere ad un testo di compromesso, tuttavia, non è stata ancora raggiunta, comportando una dilatazione delle procedure attuative. 

Le principali preoccupazioni emerse tra gli Stati membri riguardano gli stretti tempi per l’implementazione, la complessità delle norme e il collegamento tra il Pillar One ed il Pillar Two, oltreché l’applicazione delle norme anche ai gruppi domestici. A tali perplessità, precipuamente, sono seguite le resistenze da parte di quattro Paesi Membri: Estonia, Malta, Polonia e Svezia. 

Ed invero, la successiva riunione del Consiglio “Economia e Finanza” dell’Unione Europea (Ecofin) ha chiamato gli Stati membri ad esprimersi su un nuovo testo (Proposta di Direttiva pubblicata in data 28 marzo) che tuttavia non aveva trovato il sostegno da parte della Polonia, la quale, pur condividendo il testo della proposta, ha rimarcato la necessità di una attuazione parallela di ambedue i Pilastri.  Anche durante l’ultima riunione dell’Ecofin, tenutasi il 17 giugno, pur con il via libera della Polonia, non è stato raggiunto un accordo unanime da parte degli Stati Membri a causa della nuova posizione dell’Ungheria, la quale ha esposto le proprie preoccupazioni con riguardo all’attuazione della tassazione minima all’interno dell’attuale contesto storico caratterizzato dalla guerra in Ucraina. 

Il fatto che alcuni Stati presentino delle riserve circa l’implementazione della Two–Pillar Solution potrebbe condurre ad un serio ostruzionismo rispetto agli obiettivi che la medesima iniziativa si propone, i.e. la creazione di un nuovo sistema tributario internazionale che richiede la collaborazione di tutte le giurisdizioni coinvolte, senza che esse si trincerino dietro motivazioni avulse dal pertinente contesto internazionale. 

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