La DAC 7 estende l’obbligo di scambio automatico di informazioni ai gestori delle piattaforme digitali.

La sfida lanciata dall’economia digitale ha condotto l’Unione europea a intensificare la fitta selva delle norme dirette alla cooperazione amministrativa tra gli Stati membri. A completamento del c.d. sistema delle DAC, la direttiva UE, del 22 marzo 2021, n. 2021/514 (DAC 7) ha esteso l’obbligo di scambio automatico di informazioni in materia fiscale anche ai gestori delle piattaforme digitali. 

Più precisamente, la DAC 7 ha imposto ai gestori delle piattaforme digitali di comunicare i redditi percepiti dai venditori che ivi esercitano la propria attività economica, in guisa da monitorare eventuali ipotesi di evasione fiscale in via preventiva rispetto all’eventuale avvio di una verifica fiscale. Tra i redditi rilevanti ai fini della comunicazione, figurano la locazione di beni immobili, i servizi personali, la vendita di beni e la locazione di qualsiasi mezzo di trasporto (c.d. attività pertinenti). Di converso, le attività svolte da un venditore che agisce in qualità di dipendente del gestore di piattaforma non dovrebbero rientrare nell’ambito degli obblighi di comunicazione.

Per ciò che attiene all’ambito soggettivo di applicazione, per gestore di piattaforme digitali deve intendersi un’entità che stipula un contratto con i venditori per mettere a loro disposizione tutta o parte di una piattaforma, la quale si configura come qualsiasi software (compresi i siti web o le app mobile) accessibile agli utenti e che consenta ai venditori di svolgere – direttamente o indirettamente – un’attività pertinente. Tale piattaforma, inoltre, potrà essere situata all’interno o all’esterno del territorio unionale. In quest’ultimo caso, in ordine a esigenze di semplificazione, le piattaforme dovranno essere comunque registrate presso uno Stato membro, che sarà deputato alla ricezione delle comunicazioni rilevanti per la direttiva. 

Tra i penetranti obblighi imposti in capo ai gestori spicca la procedura di adeguata verifica della clientela (fattispecie ben radicata nel campo dell’antiriciclaggio), che si sostanzia, com’è noto, nella raccolta di informazioni relative al venditore e all’attività da questi esercitata, e nella valutazione della loro attendibilità. Sul punto, particolare attenzione merita l’espletamento di tale procedura da parte di terzi. E’ stata, infatti, riconosciuta la possibilità per il gestore di avvalersi dell’apporto di un terzo prestatore di servizi per adempiere gli obblighi di adeguata verifica in materia fiscale. Nondimeno, e questo potrebbe lasciare delle perplessità, la responsabilità per la verifica svolta dal terzo permane, quantunque, in capo al gestore. 

Le novità contenute nella direttiva in commento, ad ogni modo, non si esauriscono a quanto già illustrato. Al fine di migliorare le forme di cooperazione tra gli Stati membri sono stati altresì previsti dei meccanismi volti a facilitare lo scambio di informazioni sui gruppi di contribuenti mediante i c.d. joint audits. Questi, in particolare, assumerebbero la forma di indagini amministrative condotte congiuntamente dalle autorità competenti di due o più Stati membri e sarebbero collegate a una o più persone di interesse comune o complementare per le autorità procedenti.

Per quanto riguarda i termini, la direttiva in commento dovrà essere implementata da parte degli Stati membri entro il 31 dicembre 2021 (tanto attraverso disposizioni legislative quanto documenti di prassi). 

In riferimento al tema delle sanzioni, infine, è stato previsto che gli Stati membri debbano adottare sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive (formula ricorrente nel contesto euro-unitario), ma di fatto la singola individuazione di queste viene rimessa alla discrezionalità degli Stati. 

150 150 MB Associati
Condividi