Inchiesta “Pandora Papers”: il vaso è stato aperto.

Si nascondono, strisciano da uno Stato all’altro per confondersi, camuffarsi e annacquarsi. I flussi di denaro non hanno mai sofferto la paraplegia ma anzi corrono alla pari di un campione olimpico per segnare il traguardo di chi si è meglio celato all’attenzione e delle Istituzioni e dell’Opinione pubblica, così da garantire ai propri titolari il comodo cuscino dell’anonimato. Ed è qui il paradosso, poiché più sono ingenti (a volte abnormi) più è fitto il velo di Maya che li avvolge. Eppure, come accadde per i SwissLeaks, i Panama Papers, e i Paradise Papers, anche stavolta il velo è stato squarciato e il vaso è stato aperto. L’International consortium of investigative journalists (Icij) ha, difatti, scovato ben 12 milioni di file segreti, recuperati da 14 studi legali e trust operanti in plurimi paradisi fiscali, che mettono a nudo dinnanzi al mondo intero 27 mila società offshore facenti capo a 29 mila beneficiari effettivi. Questi documenti – per adottare l’ormai notissimo epiteto giornalistico – sono i Pandora Papers. 

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